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Festa della Donna: 50 Sfumature di Noi

Festa della Donna: 50 Sfumature di Noi

Inizialmente il pezzo che mi ronzava in testa per la Festa della Donna, era tutt’altro.. ma man mano che lo buttavo giù i pensieri iniziavano a farsi talmente intricati e ad andare così veloci, che la penna non riusciva proprio più a stargli dietro e allora ho capito…
Il fatto è, che la donna è impossibile da racchiudere in un post.

Non me ne vogliano gli uomini che indubbiamente sono anche loro degli splendidi esemplari e che sicuramente ne hanno le palle piene di elogi alla donna, ma oh ragazzi per le donne non c’è descrizione che tenga.
Sarà che quest’anno più di altri, grazie al blog e alla pagina, ho conosciuto un’infinità di donne e storie incredibili, che spero un giorno di poter racchiudere in singoli racconti.

Ma più di ogni altra cosa mi sono resa conto di quanto, ogni singola donna sia come un potentissimo colore primario diverso, che in base a vari fattori, atmosferici, ormonali, emozionali e quant’altro.. crea sfumature di quello stesso colore, che nemmeno lei pensava di poter creare.
Siamo noi stesse le prime a stupirci di quello che a volte, riusciamo a creare. Così come siamo noi stesse, le prime a farci le critiche più pesanti.

E no, io non credo che le donne meritino una festa loro, solo perché superiori agli uomini. Non esiste superiorità. Non esiste parità.
La parità dei diritti si, parità di genere no.
Noi siamo noi, loro sono loro. Ed è bellissimo così.

E quindi niente…

50 Sfumature di Donna

Che siate da jeans o da vestito.

Che siate madri o trent’enni in perenne crisi esistenziale (esempio puramente casuale ovviamente).

Che siate ‘per la carriera’ o ‘per la famiglia’ prima di tutto.

Che siate da ‘Un tavolo per uno’ o da ‘Ti invidio, chissà se un giorno anche io riuscirò a fare un viaggio sola’.

Che siate per la ceretta o per il rasoio. (O per il pelo libero)

Che siate da ‘Gomiti stretti a tavola e gambe giù dal divano sempre’ o da ‘Frittatona di cipolle e rutto libero’.

Che siate per lo shopping o per i viaggi.
Che siate da Seth o da Ryan.
Che siate Nerd o Fashion victims.
Che siate per i rugbysti o per i calciatori.
O in qualsiasi personaggio di Sex&TheCity vi rivediate…

Qualsiasi sia il nostro profilo o la nostra sfumatura, una cazzo di festa ce la meritiamo. Anche senza motivo.

E sapete qual è la cosa bella di questa lista appena fatta, che se siete come me, vi vedrete (seppur in percentuali diverse) in tutte le alternative che ho scritto. Ecco quello che intendevo con milioni di sfumature di colori, se non l’aveste capito…

Siamo tutto. Anche quando ci sentiamo niente.

Quindi si cazzo, abbiamo una festa nostra e senza rimuginare troppo sopra al fatto che dovrebbe essere tutti i giorni, o che non ne dovremmo avere bisogno o che ancora, non ce la meritiamo, possiamo per una volta stare zitte e godercela?

E sì, probabilmente come ogni anno ci useranno come cavie per attirare gli uomini nei locali e sì come ogni anno non avranno ancora capito che a nessuna donna piace lo spogliarello maschile… e allora? Propinatecelo lo stesso.

Tanto a noi non frega un cazzo, entriamo gratis nei locali, ne approfitteremo per vederci con amiche con le quali non riusciamo mai a beccarci (o sempre troppo poco), balleremo e se ci scappaerà un limone LIMONEREMO!

E se non limoneremo o se staremo a casa in pigiama a guardare per l’ennesima volta la prima serie di Grey’s Anatomy, andrà bene uguale perché è la nostra festa, facciamo il cazzo che ci pare e siamo figherrime lo stesso.

Oggi e sempre. (gesto della nera incazzata)

Buona vita ragazze, qualsiasi sfumatura vogliate essere!

https://open.spotify.com/track/3cBtANnJGopPaRMXCl3mV7(copiami e ascoltami su spotify 🙂)

Perchè festeggiare San Valentino?

Ci meritiamo di festeggiare San Valentino?

«Non ho mai creduto nell’Amore.. Anzi no, mi correggo, non ho mai creduto esistesse nella realtà l’idea che ho io dell’Amore».
Così iniziava un ‘pezzo’ che ho scritto nel 2015.
Me lo ricordo bene, forse addirittura a memoria. E’ stato il mio pezzo più copiato, più condiviso, più sentito e anche quello meno pensato.. quello scritto più di getto insomma.

Era tutto talmente già dentro di me, da talmente tanto tempo, che nel picchiettare sulla tastiera tra una parola e l’altra, non c’era nemmeno quello spazio che di solito lascia passare chi ‘scrive’..
Semplicemente era lì. Lo è sempre stato.
L’ho scritto senza aspettative. Solo per ‘liberarmene’ come faccio sempre. E invece è stato come un boomerang .. ogni like, ogni condivisione, ogni messaggio che mi arrivava..

Tutti cinici, tutti delusi, tutti terrorizzati dall’Amore. Tutti incredibilmente d’accordo con me.

«Cavolo, anche io ho sofferto così tanto nella vita e sono arrivata a pensarla come te sull’Amore.»

Si, però il punto è che io non ho mai sofferto così tanto… Cioè ho sofferto sì, come tutti, o forse molto meno.
Non lo so sinceramente. Ma con il senno di poi posso dire che no, non credo di aver mai sofferto davvero per Amore.
Forse ero semplicemente troppo giovane per capire davvero cosa significasse amare. Sicuramente sono stata innamorata a modo mio, con una più giovane consapevolezza.
E con la stessa giovane consapevolezza ho sofferto, a modo mio.

D’altronde quando sei giovane, qualsiasi cosa sembra molto più grande di te e del tuo riuscire a ‘gestirla’.

Ma è crescendo che ho iniziato a soffrire davvero.
Solo che non soffrivo perché venivo delusa o tradita o lasciata.. Soffrivo per la paura.
Soffrivo perché iniziavo a prendere consapevolezza di cosa veramente volessi dall’Amore, di cosa volesse dire davvero amare qualcuno e di quanto il mondo intorno fosse sempre più schifosamente subdolo e bugiardo. E come dicevo in quel lontano sembraunavitafa2015,

«Se intorno a te tutti vengono traditi, delusi, presi in giro e lasciati, chi sei tu per essere l’eccezione? »

Si insomma in un mondo che ogni giorno si rivela sempre più schifosamente subdolo e bugiardo, quante probabilità ci sono di trovare davvero quello che vorremmo? Quella persona. La ‘nostra’ persona.
Soffrivo per la paura che non avrei mai avuto quello che realmente volevo.

Ecco beh diciamo che a quel tempo pensavo che le probabilità fossero davvero basse. Davveeero basse. Si ok dai, molto più tendenti verso l’impossibile… che basse.
Si perché diciamolo; a innamorarsi siamo capaci tutti, prima o poi che lo si voglia o no, ci si ritrova impantanati. E se siamo tra i fortunati che trovano davvero ‘quella’ persona… non è che poi sia tutto in discesa eh. La vita è lunga, e piena di variabili, piena di insidie, piena di like, di stories e di cronologie non cancellate, piena di tutto… E quindi prima del ‘E vissero felici e contenti’ tutti c’hanno da faticà.

..E io volevo quello. Quel mio equivalente del lieto fine, quel «…Dopo 30 anni assieme, andare ad una cena da amici e in una stanza in mezzo ad altre decine di invitati, incrociarsi con lo sguardo e sorridersi come fosse la prima volta, come fosse la cosa più rassicurante del mondo, come foste gli unici in quella stanza. Ancora e sempre voi. »

Ecco si, tutto molto bello.. ma cazzo, nessuno ti spiega come si fa’!

Nessuno ti spiega che per quanto tu possa impegnarti, non hai certezze! Perché non sei più solo tu a giocare. Siete in 3 ora. Tu, lui e il mondo con le sue miriadi di variabili.
Eh bhe, questo fa’ davvero paura.
Fa paura non avere certezze, non avere un lieto fine assicurato. Fa paura pensare che la tua felicità possa non dipendere più solo da te.

Prima pensavo che avendo imparato a star da sola, sarebbe stato molto più facile affrontare l’Amore, perché sarei stata molto più forte, più capace di non farmi ‘ferire’ e invece ti accorgi che è proprio il contrario. E’ molto più difficile per una persona abituata a cavarsela da sola, lasciare che qualcun altro si occupi di lei. E quando lo si riesce a fare.. ci si sente vulnerabili. E quindi terrorizzati.

Per anni infatti ho odiato tutte quelle coppie che ostentavano la loro storia ovunque, abusando con leggerezza disarmante, di parole che in realtà andrebbero ponderate. Si cazzo, ci sono parole che vanno ponderate.. parole che meritano rispetto, perché uniche. E se le usi a cazzo, quando poi ti trovi in situazioni nelle quali ti ‘servono realmente’, non sai più cosa usare perché hanno perso il loro significato. Certe parole vanno meritate!
Non solo, ma dopo circa un mese, si lasciavano pure…


Ma come? Non eravate il più grande spettacolo dopo il Big Bang ‘semplicemente voi due<3’?

E quindi sì, odiavo quelle persone (le odio ancora a dir la verità) che non portavano rispetto ne per le parole, ne per le persone, ne per loro stessi. ‘Amore sei tutta la mia vita’, poi però distribuivano like e messaggi instagram come Gesù distribuiva i pani e i pesci.

Ma perché? Che senso ha? Se sentite il bisogno di andare a vedere il profilo di qualcuna/o, di scriverle e di metterle like, siate sinceri con voi stessi, portate e portatevi rispetto.

Settimana scorsa mi sono ritrovata a guardare alcuni video nei quali un ragazzo fermava le coppie per strada e chiedeva se erano disposti a scambiarsi i cellulari. Vedevi negli occhi di qualcuno passare lampi di terrore. Il video era montato bene, in modo da prendere il lato divertente della cosa. (Certo che è divertente, se non sei tu lì in quel momento.), ma sono praticamente certa che tutti vedendo quel video si siano domandati

«E se fosse successo a me?»

Beh.. se fossi stato fermato in centro mentre passeggiavi con lui/lei mano nella mano in una domenica qualsiasi e ti avessero chiesto di scambiare il cellulare, la risposta avrebbe dovuto essere ‘Si si fai pure. Controlla, chat archiviate, messaggi, twitter, instagram, messenger, Badoo.. Tutto.


Non ci sono altre risposte da dare. Non ci sono ‘Ma si sono solo like’ o ‘Ma dai, ci siamo visti solo per un caffè’.
NON CI SONO.
Lo so, la mia è forse una visione un po’ dittatoriale e non pretendo sia condivisa da tutti, anzi. Io ho imparato a conviverci e vi assicuro che non è affatto facile credere nell’Amore e vivere sereni al giorno d’oggi. Ma è proprio per questi motivi, per queste risposte, per queste persone, se tanta gente ha smesso di crederci, di provarci e di lottare… perché non siamo in un film dove il protagonista è sempre l’eccezione. Nella realtà il 90% delle volte siamo la regola.

Ed è vero, non mi fido delle persone, non al 100% almeno. Non mi fido nemmeno di me al 100%. Ho imparato a lasciare quel 10% per quelle famose ‘variabili’ che dicevo prima. Variabili e situazioni che mai ti saresti aspettata di trovarti ad affrontare. E che in un secondo possono cambiare tutto..

Quindi, non sto dicendo di vivere nel terrore e di smetterla di credere dell’Amore, per quanto quel vecchio post in fondo dicesse proprio quello… dico semplicemente, siate la persona che vorreste al fianco. Siate sinceri, soffrite e soprattutto scegliete con cura, non a cazzo di cane. Perché a deluderci di solito non sono le altre persone.. ma siamo che non c’abbiamo capito un cazzo.


… Buon Compleanno a me!

BUON COMPLEANNO A ME

..E insomma sono quasi 30..

E a me sembra di aver scritto ieri, nel diario «E insomma sono quasi 29.»

Ma a me sembra tutto ieri.

Mi sembra ieri quando mio padre mi leggeva il menu del giorno, prima di entrare all’asilo. Mi sembra ieri quando tornavamo tutti a pranzo a casa e mangiavamo assieme. Mi sembra ieri il primo bacio. Mi sembra ieri il profumo dei libri di scuola nuovi. Mi sembra ieri la prima litigata seria con lui.

Mi sembra ieri.

E invece tra poche ore sono 3͙0͙.

Una volta avevo paura di invecchiare, pensavo che nessuna età sarebbe stata bella come quella che stavo vivendo in quel momento.
Poi sono Invecchiata e ho capito che avevo ragione.

Non solo avevo ragione, ma avevo anche preso consapevolezza del fatto che, ogni età mi avrebbe dato qualcosa per cui rimpiangerla e allora ho smesso di aver paura di invecchiare.
E ho iniziato ad avere quella di non riuscire a ‘star dietro’ a tutto.
Di non riuscire a ‘far stare tutto’.

Più cresci più entri in un vortice. Un po’ come quelle giostre con i cavalli, che non si fermano mai.

Ci sei sopra, volevi esserci sopra, solo che a volte vorresti solo che si fermasse per un attimo, per riprendere fiato, per capire se esserci sopra era davvero quello che volevi o semplicemente non sapevi cosa significasse davvero.

Ma non puoi scendere.
Allora a volte chiudi solo gli occhi e fai respiri profondi, ti estranei per un po’. O quantomeno ci provi. Ma quando li riapri sei sempre là sopra..

Il lavoro, il fidanzato, gli amici, l’amica che non vedi mai alla quale vorresti scrivere, il bollo da pagare, quel libro sul comodino che non riesci a finire, l’ora di pilates già pagata, quell’impegno preso per forza.. E’ tutto là. Che gira.

E alla fine sono 30 giri.

E no, non si può scendere a prendere fiato.

Magari dovrei solo accettare il fatto che non è necessario far tutto. Che quel libro sul comodino non devo finirlo di leggere per forza, che a qualche impegno posso semplicemente dire di ‘’ɴᴏ”, che forse l’aurora boreale non la vedrò mai, che se i miei amici comprano casa o si sposano posso semplicemente essere felice per loro senza pensare al ‘E IO ᗩ ᑕᕼE ᑭᑌᑎTO ᔕOᑎO?’’, e che il lavoro é solo lavoro..

E quindi forse non dovrei nemmeno aver bisogno di scendere per prenderlo sto fiato.

Ma tant’è…

E tra meno di 6 ore sono 30.

Ho un muro in camera, pieno di foto. E in tutte sorrido. Mi sono sempre chiesta perchè non ci sia nessuno a fotografarti quando non hai voglia di sorridere… come se quei momenti la non fossero importanti, come volessi dimenticarli.
Come se la sofferenza, così come il sorriso, non avesse contribuito a creare la persona che sono. Forse anche di più.

Il punto è che non ho più paura di invecchiare. Forse ho solo paura di dimenticare.

Ma comunque vada, come dice sempre qualcuno «La Giostra non smette mai di girare».
Quindi si, alla fine sono quasi 30 e ora non posso che augurarmi tutto il meglio degli anni che verranno, che di quelli passati ne ho già il ricordo.

E allora buon compleanno a me…. 🖤

Convivenza Giorno 1

CONVIVENZA GIORNO 1.

Oddio ma oggi è “Oggi”.
Sì. Oggi si comincia il trasloco.

«Beh, ma alla fine la mia intera vita dovrebbe starci dentro uno o due scatoloni. Vestiti, scarpe, diari, libri e i cofanetti di Grey’s Anatomy. Due giri al massimo e dovrei aver finito.»
CIT.

Ok dai iniziamo. Inizio con un borsone magari. Apro l’armadio e già sale l’angoscia. Porto via intanto questo vestito. Si ma se porto via questo, mi serve anche quello e anche quelle scarpe.. E se poi stasera torno a dormire qua a casa e domani mattina mi serve proprio quello che ho già portato di là. ODDIO NON POSSO FARCELA. O porto via tutto assieme o non posso.

‘Pronto?’
‘Ohi, NON CE LA FACCIO?’
‘Cioè? Ti è venuta una crisi di panico?’
‘NO. NO. Dico i vestiti. Non ci staranno mai tutti. Non so cosa portare…Non posso farcela.’
..
‘PRONTO?? Ma..hai riattaccato?’

Vabbè dai porterò solo le cose da bagno oggi. Piastra? La porto proprio oggi? E quello? Ma mi serve sì…? NO dai solo roba indispensabile. Tipo questa trousse Sephora che mi hanno regalato nel 2003 ancora chiusa.. Si questa posso portarla.

Tre scatoloni. TRE scatoloni. E praticamente non ho portato via ancora nulla, ma com’è possibile? Dov’era tutta questa roba quando mi serviva…?!

Arriviamo.
Entriamo.
Sorrisi e abbraccio di rito.

Lascio tutto in ingresso e faccio un giro di perlustrazione. Sai quello che fai aprendo tutti i mobili, così a caso.. tanto sai che sono vuoti.
Vuoto. Vuoto. Vuoto anche questo.

Poi in cucina. Frigo vuoto. Mobili vuoti. Cassetti vuo..OHCASPITERINA!!!
UN CAVATAPPI.
Un cavatappi? Cioè, siamo dentro da quanto? Dieci minuti, non abbiamo ancora nulla, ne’ posate, nè asciugamani, nè lenzuola.. ma, abbiamo un cavatappi.

Ecco, ora ho davvero realizzato che è casa nostra.

Sorrisi.

‘Che dici ordiniamo qualcosa e mangiamo qua?’

‘Anche sii. Qualcosa che si mangi con le mani e che non sporchi tanto, sennò dobbiamo pulirci sul divano. Non abbiamo nemmeno il tappeto. Ne voglio uno gigante per sedermi per terra a mangiare. Pizza?’

‘Si ok pizza. Comunque niente Tappeti. Io odio i Tappeti”

“Coooosa?! Come sarebbe a dire niente Tappeti… Machecazz. Iniziamo malissimo “

“No mi spiace. Non li sopporto. “

“Beh però allora paghi la pizza”

Prima pizza e primo film. CHE FIGATA.

‘Domani portiamo il resto e le cose per fare il letto, così possiamo finalmente iniziare a dormire qua.’

SORRISI.

Spegniamo tutto. E usciamo. Ma mi cade l’occhio dentro un suo scatolone.

‘Scusa. E quello?’

‘Eh.. È un “ libro”.
‘Si quello l’ho visto. Ma..’
‘Si volevo ricominicare a leggere un po’.’
‘E pensavi di ricominciare proprio con la biografia di Totti?? Dopo sta la cosa dei tappetti e la biografia, vuoi anticiparmi qualcosa entro domani, finchè sono ancora in tempo per tornare ripensarci?’

Fine convivenza giorno 1.

Chi ha paura della paura?

Chi ha paura della paura?

Attacchi di panico: come affrontarli quando ti senti completamente solo

Mi sono fermata più volte prima di scrivere questo articolo. Ho cancellato, riscritto e riletto. Forse perché l’argomento è troppo personale. Ma poi mi sono ricordata perché ho aperto questo blog: per condividere pensieri e riflessioni reali, quelli che spesso restano chiusi nella testa.

Perché parlare di attacchi di panico

Scrivere e condividere significa anche tendere una mano a chi vive le stesse emozioni, ma non trova le parole per esprimerle. E oggi voglio parlare proprio di questo: gli attacchi di panico.

Un tema difficile, ma necessario. Perché se c’è una cosa che accomuna chi ne soffre è la sensazione profonda di solitudine.

Attacchi di panico: quella solitudine che non si vede

Hai mai avuto paura… della paura stessa?

Gli attacchi di panico arrivano all’improvviso. Può succedere al cinema, in mezzo alla folla, o nel silenzio della propria casa. Un momento prima tutto è normale, il momento dopo il respiro manca, il cuore accelera, il terrore prende il sopravvento. E intorno a te, nessuno sembra capire.

Ti chiedi: “Perché a me? Sto bene, ho una vita felice…”. Ma la mente non sempre segue la logica. Se non l’ascolti, trova un modo per farsi sentire.

La paura della paura

Chi soffre di ansia o attacchi di panico spesso vive una doppia trappola: la paura dell’attacco stesso, e la paura che possa ricapitare. È un circolo vizioso. Inizi a evitare situazioni, posti affollati, persino i momenti di relax. La tua comfort zone si restringe fino quasi a sparire.

Ti svegli nel cuore della notte, in preda al panico. E ti senti sola. Paradossalmente sola, in un mondo pieno di persone.

Parlarne è il primo passo

La verità è che parlare di ansia aiuta. Non è facile, ma è necessario. Perché se ti apri, ti rendi conto che metà del mondo si sente sola come te, e l’altra metà, anche se non capisce esattamente, è disposta ad ascoltare.

Come affrontare un attacco di panico: il libro che mi ha aiutato

Voglio condividere con te i libri che mi hanno più aiutata nei momenti bui. Concreto, sinceri e pieni di esercizi pratici per affrontare i momenti più difficili.

👉 LEGGI QUI I LIBRI CHE PIU’ MI HANNO AIUTATO: 

Donne che pensano troppo di Susan Nolen-Hoeksema

Vincere l’ansia di Raffaele Morelli

La cura della felicità di Alice Bush

Non sei sola. Non siamo soli.

L’ansia forse non ci lascerà mai del tutto. Ma possiamo imparare a conviverci, a gestirla, persino ad ascoltarla.

Perché chiedere aiuto non è debolezza. È il primo, vero atto di forza. E ti sorprenderà sapere quante persone sono pronte a tenderti la mano, proprio quando pensavi di essere sola.


Hai vissuto un’esperienza simile? Lascia un commento o condividi questo post. Potrebbe aiutare qualcun altro.

 ‘LEGGI QUI

I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare

I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare nella vita

Non è che non mi piace nessuno, è che non mi piacciono tutti!

Quando avevo 15/16 anni, adoravo i primi appuntamenti.
Quella magia che si trascinavano dietro sia prima che una volta passati. Era tutto una scoperta, tutto una prima volta, tutto un’attesa. Poi con il passare degli anni, ma soprattutto con il passare dei casi umani con i quali mi trovavo costretta ad uscire, quella magia sfumava.
Per carità, non sempre, eh, sennò avrei smesso. Ho avuto anche io la mia buona dose di farfalle nello stomaco, che poi ad una certa però si trasformavano puntualmente in cavallette… E diciamo che iniziavo quindi a pensare che tutta quella storia del principe azzurro, fosse in realtà solo una grande montatura.

D’altro canto c’era da aspettarselo, come ho già detto nel post dedicato a quel sadico malefico di Walt Disney: uno bello, gentile e in calzamaglia, o è gay o è pura fantasia.

Nella pratica comunque i primi appuntamenti sono un po’ un mix tra la legge dei grandi numeri e la legge di quell’inguaribile ottimista di Murphy. «Se qualcosa può andare male, lo farà»: di conseguenza, più primi appuntamenti avremo, più la probabilità che vadano male tenderà all’infinito.
Che bello eh! Eh lo so si..

Loro l’hanno fatta tanto lunga con ‘ste leggi, ma in realtà poi il tutto era facilmente sintetizzabile con un classicissimo:
«Mai ‘na gioia».

I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare nella vita

Ma torniamo al punto. Per quanto le donne amino professarsi libere e indipendenti dagli uomini, passiamo tutte prima o poi quel periodo, volgarmente detto “di magra”, che sta esattamente tra il “Non ho bisogno degli uomini, sto benissimo così!” e l’astinenza forzata, quella che porta alla spesa fatta solo di patatine, cioccolata e film con Ryan Gosling. (Dio ce ne scampi!)

Ed è proprio in quel periodo che ci torna un po’ quella voglia di riprovare l’emozione che solo un primo incontro sa darti.
E allora iniziamo ad abbassare la guardia, ma soprattutto i nostri standard di selezione e accettiamo qualche invito in più.

E via che parte la promenade di casi con i quali almeno una volta, TUTTE abbiamo avuto a che fare.

Il fico.

Fisico (e cultura) da tronista. Sì, sì, proprio lui. Quello “così carino da vedere” che poi però sarebbe meglio non parlasse.

Sono quelli baciati da madre natura per quanto riguarda l’aspetto estetico, ma che quando distribuivano cervello e carisma erano in fila per i casting del Grande Fratello.

Ebbene sì, è capitato a tutte. Lo vedi in un locale, troppo carino, impossibile stia guardando proprio te e invece… I giorni dopo lo stalkerizzi attraverso le foto della serata nel locale, lo trovi, gli mandi la richiesta di amicizia e lui ti scrive. Che emozione! «Ti ho notata ieri sera, se avrei avuto coraggio ti offrivo da bere!» Ah. Ok.
CHECAZZOPERO’, era così carino!!! Che spreco!

Se avete la sfortuna di scoprire durante un appuntamento che è solamente carino da vedere, invece, allora o scappate o trovate un modo per farlo tacere… In fondo è carino e poi, dai, un limone non si nega a nessuno.
In più avete comprato un rossetto nuovo per l’occasione, quindi, se anche l’appuntamento è andato male, tanto vale approfittare della situazione quantomeno per testarne la resistenza.


Lo stalker.

Il primo appuntamento non è neanche andato così male. Il problema è il post.
Il bello dei primi appuntamenti, prima dell’attesa, è proprio il dopo. Quando inizia il gioco di tira e molla per chi scriverà per primo… Tu aspetti lui, lui aspetta te, intanto si conosce altra gente, ci si sposa, si fanno figli, arrivano i nipoti.

No, scherzo…
Però un po’ di attesa ci vuole. Un po’ di desiderio. Con lui invece è impossibile. Messaggio della buonanotte, del buongiorno, del buon pomeriggio, (KAFFEEE’1!1) della buonasera, intervallati da almeno trenta chiamate e circa un centinaio di «Allora, quand’è che replichiamo?». Mai. Mai. Mai. E forse ancora MAI.
Le basi, proprio!


Il ‘focoso’.

Per non dire altro perchè sono una very signorina.
Barney Stinson è il tipico focoso: un obiettivo solo in testa.

Ecco, questo genere ha due sottocategorie: il playboy o il “morto di figa”. A voli la scelta su quale sia peggio. Hanno entrambi lo stesso unico obbiettivo per la serata, ma semplicemente modi diversi per raggiungerlo.

Il playboy è perfettamente consapevole delle sue capacità: sa che siete uscite con lui e quindi il più del lavoro è fatto, deve solo giocarsela bene.
Sarà dolce e carino per tutta la sera, o almeno finché non capirà che “non porterà a casa il risultato”. Allora verrà fuori tutto il suo lato sincero. Perderà interesse nella serata, inizierà a guardarsi intorno, a guardare l’orologio, finché non proporrà di andare.
Che dolce!
Per l’altra categoria invece sarà tutto un allungare le mani e tentate l’approccio fisico, finché non saremo noi, sfinite, a proporre di andare.
Sono solamente due facce della stessa moneta, da 0.01 cent per l’esattezza.


Il social

A tavola col cellulare in mano. Selfie allo specchio di casa prima dell’appuntamento, stories in macchina mentre si reca all’appuntamento, selfie assieme, foto del piatto, foto del drink, foto dell’arredamento del locale… Cellulare sempre a portata di mano, difficilmente riuscirete a vedergli il colore degli occhi e già a metà serata se ne uscirà con un «Ti aggiungo. Hai FB/Twitter/Instagram/Vine/Google+/Linkedin?»

«Mmmh, no, però se ti può interessare interagire con me sono proprio qui di fronte a te!» Quando vuoi eh!

Il narciso

Quello che si cura più di noi. Magari a prima vista non avevate fatto caso ai dettagli, ma una volta di fronte a lui vi accorgerete delle sopracciglia appena fatte, delle mani curatissime, del petto depilato e chissà che altro..
Però oh, se siamo fortunate a fine appuntamento magari riusciremo anche a scambiarci il numero dell’estetiste.

Ad alcune di noi non dispiace questa categoria, almeno fino a che lui non inizia a fare storie perché dopo una settimana pesantissima, di lavoro no-stop, vi siete dimenticate di depilarvi quei tre peli che avete sull’avambraccio. Occhio perché dal primo appuntamento al chiedergli se in borsa ha un assorbente da prestarvi è un attimo..

Quindi sì. Buon #SingleDay a tutte quelle che sono sopravvissute a tutto questo e hanno avuto il coraggio di continuare a provarci.

EXere o non EXere, questo è il problema

EXere o non EXere, questo è il problema

Che la parola ‘Ex’ fosse compresa in quella categoria di parole capaci di creare fastidio alla sola pronuncia, era cosa risaputa. Un po’ come ‘Equitalia’ o ‘Analcolico’.

Ma all’alba dei 30 anni, mi sono resa conto di una cosa.

Il problema non sono le ex. Noi tutte siamo ex di qualcuno. (E nel caso non lo foste allora magari potreste risparmiavi questo articolo. Forse avete altri problemi ai quali dedicarvi.)

Ma torniamo a noi, anzi a loro.. dicevo, il vero problema non sono le ex, bensì le ex che non si rassegnano di essere tali.

Quando si sta con qualcuno, si ha la tendenza, naturale, a ritenerci (giustamente, in quel momento) la persona migliore che possa stare con quel qualcuno.

Ma quando ci si molla, per quanto una storia possa essere stata importante, uni o bilateralmente, bisognerebbe sempre fare i conti con quella ‘tendenza’ e semplicemente ammettere che forse (forse), ci sbagliavamo… ex dignità messaggi

(Certamente a volte si soffre di più, altre di meno, altre ancora fregauncazzo)

Ecco, questo le ex in questione, non lo fanno. Magari vanno avanti con la loro vita (…), ma ogni tanto hanno bisogno di buttar là un qualcosa che loro vedono come un ‘semplice messaggio’ quando in realtà non si rendono conto di lanciare solo pezzettini della loro dignità un po’ alla volta.

E non sto parlando di messaggi tipo  «Ehi ciao ascolta ti ricordi il nome di quel ristorante blabblabla? Grazie mille ciao.» fini a se’ stessi e del tutto leciti.

No, parlo di quei messaggi venuti dal nulla e mandati per il nulla più cosmico: «Ciao sai che ti ho sognato stanotte

UAU grazie. messaggio ex

Ecco quest’ultimi messaggi, a meno che per il vostro compleanno non abbiate chiesto l’abbonamento a ‘Cioè’… anche no dai!!

Io personalmente non ho mai avuto grossi fastidi provocati dai miei ex o dalle ex dei miei ex, forse perché prima del classico insulto gratuito mi sono sempre fermata a pensare. E quindi solidarietà femminile prima di tutto.

Ma come dicevo, c’è modo e modo di essere l’‘Ex’ di qualcuno.

C’è il modo rispettoso.

C’è il modo irrispettoso.

E c’è quello un po’ (tanto) triste.

Scegliere che tipo di EX essere è un nostro dovere.

Il primo. Il rispettoso: ovvero quello nel quale tutte pensiamo di rientrare, è il migliore nonché il più semplice.

Finisce la storia, rimane l’affetto, rimane la stima e soprattutto rimane il rispetto, ( solo se lui non è stato una merda, sennò passate direttamente alla frase finale) quindi ‘Buon compleanno :)’ e ‘Buon Natale’   se sentiti, si possono anche mandare, sennò anche no.

Dopodiché semplicemente grossi sorrisi se lui è felice con qualcun’altra, ognuno per la sua strada e grandi ciao con le mani.

Il secondo. L’irrispettoso: Ovvero quello utilizzato da coloro che ogni tot. tempo sentono il bisogno di scrivergli (il range di tempo che intercorre tra un messaggio e l’altro dipende dal disagio mentale). Ci sono quelle che lo fanno perché non rassegnate e quindi palesando più volte il sentimento. E ci sono quello che lo fanno perché non rassegnate ma facendo finta di esserlo, quindi inventando le più svariate scuse per scrivere…

Spesso ignare del fatto che la banalità di quei messaggi è proporzionale alla velocità con la quale lo screenshot  da lui, arriverà a noi e poi da noi ooovviamente al gruppo delle nostre amiche. ex messaggio

O almeno io dico ‘ignare’, in caso contrario vanno di diritto alla categoria 3.

Il terzo. Per l’appunto il terzo, non è altro che il secondo, ma con l’aggravante del fatto che nonostante le risposte di lui riescano, seppur sempre con gentilezza, a rasentare il ‘Mo’ basta avresti anche un po’ rotto er cazzo’, lei continua…

Gemma Galgani Docet (If u know what I mean).

La cosa più triste di questa categorie è il fatto che così facendo vengono a mancare il rispetto, la stima e anche i ricordi belli. Lasciando semplicemente spazio a ‘Ma si dai è fatta così, prima o poi si stuferà spero!’. La compassione insomma.

E sinceramente credo che nessuna donna se sapesse di generare compassione, manderebbe ancora alcuni messaggi.

So che state pensando ‘Ma io sono mai stata così? No dai, gli ho solo scritto per (…)..’, beh ognuna di noi sa’ perfettamente quando un messaggio era giustificato e quando invece era semplicemente ‘in più’, al momento e alla persona sbagliata.

Eh lo so, nessuna di noi vorrebbe rientrare in questa categorie.. ma temo più di qualcuna si costretta ad ammetterlo a se stessa.

Imparare a distinguere la ‘gentilezza’ dal ‘dare corda’, spesso può risparmiarci dalle categorie 2 e 3.

In alternativa c’è un’altra antichissima ma altrettanto valida tecnica: avere delle buone amiche da consultare prima di qualsiasi messaggio da inviare.

EXere o non EXere, questo è il problema

Un nuovo inizio.. ancora.

Odiamo il Capodanno.
Lo odiamo tutti.
Lo odiamo tutti perché sappiamo che non cambierà assolutamente nulla.
Eppure, ci serve. Lo aspettiamo.

Per questo lo odiamo forse, perché ci serve.

Ci serve qualcosa che ci ricordi che il tempo passa. Qualcosa che scandisca una fine e ci dia un nuovo inizio. Qualcosa che ci risvegli dall’inerzia.

Ed ecco il perché dei resoconti di fine anno, ecco il perché del nostro lamentarcene, festeggiandolo però.
Ecco perché lo odiamo.

Ci si ritrova a festeggiare, con gente della quale a volte conosciamo solo il nome e semplicemente per averlo letto nel gruppo whatsapp ‘Capodanno’, bevendo prosecco scadente e fumando troppe sigarette per una sera sola… e incantandoci ogni tanto a fissare il vuoto, facendo mentalmente il resoconto di un anno che a noi sembra sempre uguale, anzi mi correggo, un anno dove per quante cose siano successe non ci sembra di aver concluso nulla.

Che poi alla fine cosa dovevamo concludere? I buoni propositi sono gli stessi del 2003; perdere quei 4kg, dare più peso alle cose che contano e mettere via qualche soldo in più per il futuro… e se non li abbiamo mai raggiunti forse dovremmo semplicemente fare posto ad altri.
Dare spazio ad un nuovo inizio.

Un po’ come Gramsci quando diceva “Voglio che ogni mattino sia per me un Capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore“.
Ma noi non siamo Gramsci.
Non ci svegliamo pieni di vita ogni mattina. Non abbiamo aspettative e speranze nuove per ogni giorno dell’anno. L’attimo fuggente per noi è semplicemente un film. Così come Into the wild. La nostra ‘voglia di vita’ dura quanto la batteria del nostro smartphone.

Quindi noi semplicemente lo odiamo e basta.
Dopo una certa età forse lo si odia ancora di più.. o forse ad ogni età lo si odia per qualcosa di diverso.
Magari sei li, incantato a guardare i tuoi amici che sembrano divertirsi tra di loro, quasi da farti sentire fuori luogo.. chi si sta per sposare, chi è riuscito a comprarsi una casa, chi si è realizzato in un lavoro importante, chi vive all’estero… e poi ci sei tu.

Esatto poi ci sei tu.
E ti metti a pensare al tuo di anno.
Il lavoro.
L’amore.
La famiglia.
E poi arriva lei.. che rimpicciolisce tutto il resto.
La salute.
E allora realizzi che è tutto li. Non c’è nessuna fine e non c’è un inizio.

Alzi gli occhi dal tuo prosecco, i tuoi amici sono ancora tutti li che sorridono, la tua famiglia ti ha appena mandato gli auguri di buon anno sul telefono, l’amore è li con te, il lavoro è ancora li dove l’hai lasciato ed è tutto ok..

Quindi come dicevo, odiamo il Capodanno.
Lo odiamo si.
Però abbiamo un prosecco in mano.
E se alziamo gli occhi un attimo ci potremmo accorgere che in fondo.. non è poi così male.

Ma il Natale.. voi lo odiate?

Non ho mai creduto nell’Amore

Non ho mai creduto nell’Amore.

Anzi no, mi correggo, non ho mai creduto che potesse esistere — nel mondo reale — l’idea che io ho dell’Amore.

E no, non parlo dell’Amore da lieto fine da commedia romantica con Cameron Diaz.
Parlo di qualcosa che assomigli a una scelta. Ripetuta. Quotidiana. Consapevole.

E ad oggi, è davvero faticosissimo.
Oggi che siamo tutti sotto osservazione. Anche quando amiamo. A volte, soprattutto quando amiamo.
In un mondo dove si cambia partner con uno swipe e si litiga per una reaction, l’amore non è più l’eccezione, il premio: è l’ostacolo, ogni giorno.
Quanto più facile sarebbe senza amore, con una stupida, ingenua e assoluta superficialità?
Ogni gesto è confronto, ogni mancanza è paragone.
E allora scrolli, e ti chiedi se sei abbastanza. Se lui lo è. Se voi lo siete.

È quello che ti costringe a fermarti, quando tutti corrono per non sentirsi superati.
È quello che ti destabilizza, se sei abituata a controllare tutto.
È quello che ti fa sentire vulnerabile, proprio nel momento in cui la vulnerabilità è vista come debolezza.

E allora mi chiedo: ma chi ce lo fa fare?

Eppure, ogni tanto, l’amore ti passa accanto. Che tu lo voglia o no.
E anche se sei cinica, di pietra, non puoi far finta di niente. Ti scombina. Ti costringe a guardarti senza difese. Ti chiede spazio nel letto, nell’armadio, spazio che prima era solo tuo. E ti chiede equilibrio. Che è la prima cosa che perdi.

E nessuno vuole perdere l’equilibrio, soprattutto se lo ha appena ritrovato, con fatica, ancora.

Per anni ho pensato che la cosa più terrificante fosse cadere. Ora so che non lo è.
La cosa più difficile è rialzarsi di nuovo, un po’ meno interi, ma con lo stesso bisogno.

Il bisogno di credere che può ancora valerne la pena.

E allora mi chiedo: quante volte si può cadere e continuare a credere di potercela fare ancora? e ancora.. e ancora..

E soprattutto: perché voler attraversare a tutti i costi quel ponte sospeso?

Perché non restare da questa parte, al sicuro, da soli?
Cos’ha questa parte che non va? E se questa parte — la parte “senza amore” — fosse comunque abbastanza?
Forse nulla. Forse va benissimo anche questa parte.
Solo che nessuno ce lo dice mai.

La società ti vuole in coppia. Ti vuole felice e piena di like.

Come ho detto: non ho mai creduto nell’Amore.

No mi correggo, non ho mai creduto esistesse — nel mondo moderno — la mia idea d’Amore.
Io la continuo a cercare in sguardi complici, in silenzi pieni, in mani che non mollano nei giorni in cui sei meno facile da amare.
Ma ho imparato a distinguere i sogni dalla realtà. E tutta questa consapevolezza ha un prezzo altissimo, molto più di quello della psicoterapia settimanale.

E la realtà è che l’Amore puro non è garantito. Esiste, forse. Ma è raro. E fragile.
E allora viene la domanda: se sappiamo che una storia può finire, come si fa a viverla davvero? A godersela, anche nei dubbi di ogni giorno?
Tutti vorremmo essere guardati sempre come la prima volta. Essere visti.
Tutti vorremmo credere che “il mondo col suo delirio non entrerà e non farà danni”, come cantava Max.

Ma poi il mondo entra.
E rompe.
E tradisce.
E dimentica.
E allora resti tu.

Con le tue paure nuove, più stanca di prima.
Con quella frase che prima sembrava una citazione da frigo, e oggi è verità nuda:

“Impara a stare da sola.”

Non perché sia romantico. Ma perché, prima o poi, ti capiterà.
E non importa se sei single o se sei sposata.

Ti capiterà. E tu dovrai essere pronta.
Magari una sera, in silenzio, mentre lui è da un’altra parte.
O mentre ti accorgi che non ha più voglia di chiederti com’è andata la tua giornata.

E se avrai imparato a stare da sola, quella sera non ti consumerà.
Non ti farà sentire invisibile, rimpiangere i 30 anni, sentire di aver perso quel gioco.
Perché tu ti vedrai.

Io ingenuamente non ho mai smesso di cercare quell’Amore, per quanto il mio cervello continui a provare a convincersi di si.
Quello che, dopo 30 anni, ti incrocia lo sguardo in mezzo a una stanza piena di gente e ti fa sentire ancora come la prima volta.
Come se foste solo voi due, al centro del mondo. Un circolo chiuso. Due persone intere. Risolte.
Che scelgono, ogni giorno, di esserlo anche insieme.

 

Ma poi, come dicevo…arriva la realtà.